Una vigna tutta per sé

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Una vigna tutta per sé

Discorso intorno all’8 Marzo

Non mi sono mai piaciuti i discorsi sul sesso, come se bastasse la casuale combinazione di due cromosomi a determinare chi siamo. Non mi sono mai piaciuti anche perché non mi piacciono le categorizzazioni, sempre troppo semplicistiche, né tantomeno le teorie manichee: uomo vs donna.

Mi sono sempre piaciute però le persone impegnate, acute, appassionate e i buoni propositi, quando sono autentici, rivoluzionari e lungimiranti.

Mentre raccolgo questi pensieri ripenso a una delle tante donne della letteratura che mi sono care: Virginia Wolf, perché ha incarnato quella forza estremamente complessa della femminilità e quella stessa forza l’ha riversata nella scrittura così come nella vita senza intermediazioni e senza compromessi.

Nel 1929 pubblicava Una stanza tutta per sé, un saggio lucido e brutale sul rapporto tra le donne e la scrittura; la sua tesi è essenziale, eppure diretta:

Una donna deve avere soldi e una stanza suoi propri se vuole scrivere romanzi. 

È un’affermazione potente, ci dice che le donne possono aspirare a emanciparsi definitivamente dal ruolo attribuito loro da un società ancora patriarcale raggiungendo prima un’indipendenza materiale e solo poi, intellettuale.

Ma io non scrivo romanzi, mi occupo di vino.

E mi viene naturale allora ripercorrere la storia del vino e penso subito alla grandezza di certe figure femminili capaci di brillare di luce propria. Donne che, a seconda dei tempi che hanno vissuto, hanno declinato la loro audacia in modi diversi ma tutte egualmente potenti e paradigmatiche.

Dalla Vedova Clicquot che, non solo decise di condurre la sua maison dopo la scomparsa del marito, ma addirittura volle il suo nome sulle etichette, in un’epoca in cui ci si aspettava che le donne accudissero i figli e si occupassero solo di cose da donne, la loro storia arriva praticamente ai giorni nostri.

Solo fino a pochi decenni fa le figlie femmine non avevano diritto a ereditare la terra, da qui la necessità di una vigna tutta per sé. Una vigna che è luogo fisico e metafisico, perché garantisce la possibilità di ricavare risorse materiali attraverso il lavoro e allo stesso tempo di esprimere un modello femminile non schematizzato.

Le donne che fanno il vino le riconosci perché hanno negli occhi una specie di scintilla. Hanno sostituito un modello di femminilità imposta mostrando che si può essere donne anche con le scarpe piene di fango, i capelli spettinati e i guanti da lavoro. Non hanno bisogno né di slogan né di clamore.

Hanno nel sangue la terra, il vino, la cura.

Lo so, perché ogni volta che ne vedo una mi ci riconosco.

Buon 8 Marzo a tutte!


Elena Salviucci, nata il 4 settembre 1995, frequenta il liceo classico di Montepulciano, già in quegli anni lavora attivamente in azienda occupandosi di accoglienza e partecipando a fiere internazionali ed eventi per Cantina Campotondo. Da sempre appassionata di viaggi e comunicazione si iscrive all’Istituto di Alti Studi SSML Carlo Bo di Firenze dove si laurea nel 2017 in mediazioni linguistiche. Dopo la laurea frequenta il Master in Marketing e Management per le Imprese Vitivinicole presso l’Università degli Studi di Firenze. In contemporanea con gli studi, frequenta il corso di qualificazione professionale con l’Associazione Italiana Sommelier e consegue il diploma di sommelier. Nella primavera 2018 apre il suo blog “A Piccoli Sorsi” per raccontare da vicino Campotondo e la sua esperienza nel mondo del vino.

elena.salviucci@gmail.com

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